Foodie Geek Dinner: un evento per gente social

La scorsa settimana ho partecipato alla Foodie Geek Dinner, tappa di Torino.

Ecco la traduzione, per chi non è fan degli anglicismi:
FOODIE: è la community online degli appassionati del cibo: chiunque costruisca intorno all’amore del cibo la sua presenza online: contenuti su blog o sui social network, relazioni e confronto con altri foodie. In sintesi: professionisti e appassionati che amano cibo e web.
GEEK: persona appassionata di tecnologia, che conosce e usa ogni nuova app, ogni social network, ogni tool che facilita la vita online e offline. La distinzione tra rete e vita offline si attenua perché i due mondi si contaminano in continuazione.
DINNER: questa non ha bisogno di definizione. Un italiano capisce sempre al volo tutto ciò che sa di convivialità.

La Foodie Geek Dinner è una cena evento che fa incontrare offline i foodies che dialogano online, ma che non si sono ancora conosciuti faccia a faccia, per condividere finalmente un momento di convivialità davanti a un menu a tema e un bicchiere di vino.
FGD è la creatura di Maricler e Francesca, due donne foodie e geek, che hanno coltivato la loro passione acquistando autorevolezza e creandosi una professionalità (che non esisteva tra chi era solo “esperto” di food).
La Foodie Geek Dinner è un evento unico, itinerante e su invito, che sviluppa relazioni nate online e fa networking. Coinvolge circa 80-90 protagonisti che animano la scena foodie e geek della città e una manciata di aziende sponsor, che si inseriscono nell’evento con modalità che tra poco spiegherò.
L’aspetto “social” è molto forte e mi ha coinvolta piacevolmente: circa un mese prima gli invitati iniziano ad essere stimolati, tramite i social network, a dare il loro contributo in base a un tema. Il nostro era “Un tocco magico”, quello dato dalle spezie alla tavola. Ogni partecipante può proporre un menu, che sarà soggetto ai voti degli altri; i menu finalisti sono sottoposti agli chef per la scelta finale. C’è spazio per chi ama scrivere, con l’invito a creare un post a tema sul proprio blog, per chi fotografa, per chi vuole sperimentare nuove ricette e accostamenti ( es. il caffè con le spezie) e condividerli. Io, che sono buongustaia ma poco creativa ai fornelli, mi sono data da fare per suggerire brani a tema magia per la colonna sonora della serata. Anche il look riceve i suoi input online: la FGD ha suggerito che magia è un tocco di glitter, e non vi dico quanti makeup, accessori e abiti glitterati si sono visti alla cena.
Il livello di aspettativa cresce e la serata è il momento culminante in cui l’online ha uno sviluppo (golosissimo!) offline. Al di là della buona riuscita dell’evento (tranquilli, vi risparmierò la cronaca dettagliata di ogni portata!) mi sono divertita a osservare alcune dinamiche di comunicazione della FDG e condivido qui qualche riflessione.

1) Gli eventi social hanno un risultato migliore se chi li organizza è protagonista del mondo social

Qualsiasi agenzia di comunicazione oggi propone eventi che promettono coinvolgimento di blogger, viralità, visibilità sul web per le aziende. Il mio parere è che un’iniziativa progettata dall’alto, da chi spesso non ha idea delle dinamiche interne alla community a cui si rivolge, non potrà mai avere il grado di coinvolgimento di un evento fatto con passione da chi vive un mondo e si rivolge ai propri “simili”. C’è appartenenza, linguaggio comune, mesi e anni di conoscenza e condivisione sul web, fiducia, reputazione. Ho assistito alla nascita della FGD due anni fa circa da parte di Maricler e l’impressione è che avesse già le idee chiare su cosa voleva e poteva ottenere, perché si muoveva nel suo mondo.
Se pensate di organizzare un evento social o affidarlo a qualcuno, rifletteteci: le communities hanno regole non scritte molto chiare, chi entra a gamba tesa per promuovere un prodotto e cercare visibilità facile rischia un “big fail”.

2) La presenza delle aziende

Il coinvolgimento degli sponsor è iniziato prima dell’evento, proponendo una sfida, un contest, stimolando le persone a utilizzare il loro prodotto. Ogni sponsor ha inserito nel contesto se stesso: degustazioni inedite, cocktail pensati per la serata, allestimenti creativi, gadget. La presenza dei prodotti non era forzata, tutti avevano il loro perché coerente. Le aziende erano presenti fisicamente, rappresentate da persone che si divertivano e si relazionavano con gli ospiti.
Volete mettere la differenza, la relazione diretta e personale che si crea? Chiacchierando con la PR di un brand ho captato la loro filosofia, la loro etica, e ho conosciuto la mente creativa di un altro progetto che mi ha invitata ad andare a vedere la produzione quando sarò nella loro città. Li terrò a mente per qualche opportunità di lavoro insieme.
Ovviamente non è una dinamica replicabile su grandi numeri, ma tutte le aziende desiderano entrare in contatto con gli “influencer” e questo è uno dei modi più efficaci che ho visto.

3) La professionalità di Foodies e Geek

Dall’esterno è facile etichettare foodblogger e creativi che hanno costruito una solida presenza online come persone che hanno un hobby, una passione per il tempo libero. E’ una definizione limitativa, considerando la cura, la serietà, il tempo, le idee, l’investimento personale che dedicano al proprio progetto.
È comprensibile che queste persone siano molto appetibili per le aziende che desiderano essere protagoniste di quella presenza e “conversazione” online di cui tutti i manuali di social e web marketing parlano. Le aziende (e le agenzie che contattano i blogger per loro) spesso hanno l’atteggiamento sbagliato, fanno proposte non accettabili perché pensano di avere a disposizione un potenziale umano e creativo quasi gratuito: richieste di post pilotati free o retribuiti pochi euro, presenza invasiva del prodotto o di link e altre “marchette”. Questo accade nel mondo foodie ma anche ai crafters, a chi recensisce libri o prodotti hi-tech, ecc.
Se le aziende considerassero quanto lavoro c’è dietro la costruzione della reputazione di un blogger e di un influencer smetterebbero di inviare certe proposte. Le digital PR maldestre creano solo danno, sono un boomerang.

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