
Nei prossimi giorni parteciperò a “Dieci Cose, il web in pratica”, un seminario di due giornate sugli scenari del web per il/la professionista della comunicazione.
Non è un corso per imparare a usare i social o per diventare “web qualcosa” in poche semplici mosse, ma un incontro con professionisti italiani che lavorano nel web per orientarsi e acquisire un punto di vista autonomo.
Come spiega il claim del corso “Gli algoritmi passano, la curiosità resta”. La curiosità è quella di chi lavora nella comunicazione, che ha voglia e necessità di un criterio per interpretare i cambiamenti degli scenari della comunicazione web. Dieci Cose spazierà dal personal branding al social storytelling, dal networking al blogging e alla cura dei contenuti, dalle valutazioni degli investimenti sui social agli ADs su Facebook.
Per una professionista freelance della comunicazione come me a volte la tentazione di investire quel poco che rimane dopo le tasse e le spese quotidiane “in una Balenciaga usata che fa sempre la sua figura” come dice la mia amica Erica (andate a sbirciare il suo sito) che frequenterà Dieci Cose con me. La vita però è fatta di priorità, e in questo momento restare aggiornata per sintonizzare le mie attività con le tendenze del web è fondamentale.
Fingere che l’evoluzione della comunicazione non ci riguardi non è una buona tattica
La comunicazione evolve a ritmi vorticosi e credo che chi sottovaluta il cambiamento e la necessità di formarsi, o si convince che i social sono tendenze passeggere, sia destinato a perdere il treno.
Per ineluttabili ragioni anagrafiche molti di noi “comunicatori” non sono nativi digitali, ma questo non significa restare dei trogloditi del web.
I cambiamenti sono continui e rapidi
Invece di osteggiarli con diffidenza è meglio avvicinarsi con curiosità e voglia di mettersi in gioco. Da quando lavoro ne ho vissuti alcuni e ho capito che l’atteggiamento corretto è non fare resistenza, cercare di capire, imparare, mettere da parte le vecchie certezze.
Quando ho iniziato a lavorare in un ufficio stampa, 13 anni fa, ero una stagista che passava ore davanti al fax, mandando comunicati e save the date a elenchi interminabili di redazioni. Nel tentativo di alleggerire la noia delle mie giornate da pigiatrice di bottoni del fax, avevo introdotto una miglioria: avevo memorizzato i numeri delle redazioni a cui mandavamo i fax più spesso. Questa intuizione geniale mi liberò delle ore di manovalanza e mi mise in buona luce con la mia responsabile, che iniziò a farmi scrivere i comunicati stampa. Ecco che la tecnologia liberò la creatività!
Nel giro di un paio di anni le redazioni cominciarono a sostituire il fax con le caselle di posta elettronica, e così fece la maggior parte dei redattori. Qualche rappresentante della vecchia guardia eroicamente resisteva e diceva con orgoglio “io non uso la posta elettronica, se volete invitarmi alla sfilata mandatemi un fax o una busta in portineria”. Non so quanto abbiano perseverato prima di rendersi conto che gli inviti iniziavano a scarseggiare.
Circa 6 anni fa lavoravo in un ufficio stampa di moda. A volte, per rimpinguare la rassegna stampa cartacea un po’ scarsa, noi ragazze ci concentravamo sul web: sui siti e portali era più facile ottenere un redazionale perché erano ancora le Cenerentole del mondo fashion. La nostra responsabile però non sentiva ragioni: il web non valeva niente in confronto a un articolo su una rivista patinata. Alcuni clienti stranieri invece sembravano apprezzare molto i redazionali web, parlavano di “contatti unici mensili” sui siti e ci chiedevano di trovare degli influencer e delle fashion blogger a cui regalare i loro capi. Rassegnate a tanta eccentricità anglosassone, obbedivamo.
Mi sono resa conto che ci mancava una visione dell’ufficio stampa sul web, della sua evoluzione e delle potenzialità. Molte riviste cartacee hanno, ahimé, interrotto le pubblicazioni, restando in vita solo nella versione web. Influencer è una parola familiare, qualcuno che tutte le PR vorrebbero amico, e le fashion blogger a cui mandavamo con sufficienza un paio di jeans sono diventate delle star del web, presenti a ogni evento che si rispetti.
Molte agenzie hanno iniziato ad assumere ragazzine sveglie per gestire i social, sfornare contenuti senza alcuna strategia (strategia?!?), prima di capire che la comunicazione web e quella social viaggiano su binari autonomi, hanno tempi rapidi, dinamiche di attenzione e interazione diversa. Ci vogliono persone preparate.
Si sa che il medium è il messaggio. Se non conosciamo il medium, come faremo a preparare il messaggio adatto? A capire perché il messaggio che prima andava ora non funziona più?
PS: Recentemente sono stata vicino Domodossola con una persona per cui faccio consulenze. Il suo cliente proponeva una riunione su Skype per valutare insieme una brochure in pdf che avremmo condiviso tramite WeTransfer. Terrorizzato da queste prospettive aliene, il mio referente ha preferito prendere l’auto e fare un’ora e mezza di autostrada per parlare di persona con il cliente, perché “i metodi classici sono quelli che funzionano sempre meglio”.